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VietatoAiMaggiori #3 Il Cricket in Italia (Pier Francesco Pompei)

Le squadre iscritte al primo campionato romano di Cricket erano cinque. Oltre agli Italians, avrebbero preso parte all’evento  il Villa Pamphili Cricket Club, il Beda, le Embassies e i Colleges. Il 9 maggio 1981, nella prima giornata del Campionato, gli Italians batterono i Colleges per 55 a 54, dando l’idea che il buon giorno potesse vedersi dal mattino. Non fu così e al termine del campionato, vinto con otto vittorie su otto incontri dalla compagine del Villa Pamphili, formata da molti dei vecchi “ospiti” di   Mister Pogson, gli Italians furono ultimi.
Successivamente giunse il momento della prima rappresentativa dell’Associazione Italiana Cricket, formata per incontrare la squadra della British Airways. Il 3 e il 4 ottobre dello stesso 1981 si disputarono due partite, sul campo di Villa Pamphili, in qualche misura “requisito” con un larvato permesso comunale, che consentì di tenere fuori dal recinto di gioco,  sia pure con difficoltà,  i consueti frequentatori del parco.
Nel frattempo si era costituita un’associazione  anche in Lucania, che fece disputare alcuni incontri six -a- side, cioè con soli sei giocatori per squadra, a Monticchio Bagni, un piccolo centro noto turisticamente per due laghi molto belli.
Fu sorprendente che all’elencazione dei rudimenti del gioco, i ragazzi del luogo reclutati per l’occasione, esclamarono pressoché all’unisono “Ma questa è la Bucanella!”, spiegando che il nome si riferiva a un gioco praticato in quella zona da tempo immemorabile, molto simile a quel cricket di cui si stava trattando. Non fu possibile però sapere altro. Si può ipotizzare che in qualche modo abbia avuto a modello un incontro di cricket disputato a Napoli, nel 1793, da due squadre di marinai della flotta dell’ammiraglio Nelson e tramandato da qualche spettatore locale.
In Lombardia l’Euratom  Cricket Club, fondato il 15 aprile 1981 e il Milan Cricket Club, fondato nel 1974, si aggregarono entrambi all’Associazione Italiana Cricket nel 1983.  A differenza di quanto avvenuto a Roma, i due club lombardi erano composti nella totalità da giocatori stranieri.
Giusto in quel 1983 si assegnò il primo titolo italiano. La vincitrice del Campionato Laziale, la Spes Travel, incontrò a Roma la vincitrice del Campionato Lombardo, che si aggiudicò la vittoria con un primo innings terminato a suo favore per 107 a 42.
L’anno successivo sembrò essere quello dei grandi traguardi raggiunti.
Il campionato italiano fu vinto ancora dall’Euratom, in una finale che replicò nel mese di settembre quella dell’anno precedente, con un punteggio di 206 a 127 a favore dei campioni nei confronti della stessa Spes Travel. Ma l’evento più eclatante si era verificato  nel mese di agosto. Una rappresentativa dell’Associazione, che si fregiava del titolo di “Nazionale italiana” aveva compiuto una trasferta in Gran Bretagna disputando sette incontri contro squadre di club, vincendone uno, pareggiandone due e perdendo i rimanenti quattro. Dei diciotto componenti la spedizione, nove erano italiani per nascita, due per matrimonio e gli altri sette per residenza.
Piemonte, Emilia e Campania si erano nel frattempo associate e il Consiglio Direttivo, integrato dai nuovi membri su mandato dell’Assemblea Nazionale, aveva assunto importanti decisioni, tra le altre recependo per l’appunto dal modello britannico, lo “status” dei giocatori nazionali, che prevede la cittadinanza, la nascita o almeno sette anni di residenza nel Paese. E in questa decisione, peraltro senza premeditazione, può cercarsi il motivo della frattura tra me e Simone Gambino.
All’inizio di quella che si poteva definire un’avventura, la mia idea era di iniziare gli italiani al cricket. Si era consolidata in quegli anni la consuetudine di molti giovani connazionali di recarsi in Gran Bretagna, per imparare l’inglese. Nei frequenti viaggi turistici che avevo compiuto in quel Paese, mi era risultato chiaro che il cricket era indissolubile dalla conoscenza di quella cultura. Probabilmente avevo ragione. Ma ero fuori tempo. Il mondo galoppava verso una globalizzazione che sorvolava su conoscenze non indispensabili.
Nel corso di un’assemblea nazionale, percepii non proprio un vento, ma qualcosa di più di un rèfolo di fronda.
Mi dimisi dalla carica di presidente, che passò ovviamente a Gambino.
Senza alcun rancore, bensì con interesse, seguii la corsa che portò l’Associazione a divenire Federazione autonoma, in seguito affiliata e poi associata all’International Cricket Council (l’istituzione che regola il cricket mondiale) iniziando un suo percorso nel campo internazionale.
Questa nuova dimensione ha generato a mio parere un piccolo, ma piccolissimo neo. Si tende a offuscare le modeste origini, fino a ignorare l’orgoglio di quella “Nazionale” che si presentava alle partite con le valigette che lo humour britannico sospettava contenessero lupare, stigmatizzando la scadente pronuncia delle “chiamate” rivolte agli arbitri. Ma “quella” unica vittoria, addirittura anticipata dalla stampa italiana, fu festeggiata con entusiasmo appassionato e credo sia giusto considerarla un bel… ricordo di famiglia.
Quanto alla mia idea di italianizzare il cricket, essa trova un singolare precedente storico. Il 4 luglio 1845 un gruppo di vecchi Harrovians, nel corso di una cena all’Hotel Blenheim, in Bond Street a Londra, decise di costituire una squadra di gentiluomini che avrebbero girato per il mondo giocando a cricket. Il nome che scelsero fu “I Zingari”, proprio così. Anzi, sono addirittura citati con le sole iniziali, “IZ”.
La squadra è ancora attiva, giocando una ventina di partite ogni anno e quindi è uno dei club più antichi di cricket ancora esistenti. L’ autorevolissima rivista Wisden, per quella sola squadra amatoriale, ha riportato tutti i risultati dal 1867 al 2005. Sarebbe interessante incontrarli in trasferta in Italia. Chissà. Magari in quella occasione si potrebbe far notare il discutibile uso dell’articolo determinativo plurale.

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Pier Francesco Pompei

Pier Francesco Pompei

Nato a Roma, il 3 aprile 1934. Ha svolto amatorialmente l’attività di allenatore di calcio, un’esperienza che ha narrato in “Calcio d’ addio” ottenendo il Premio Selezione Bancarella sport nel 2009. Ha strutturato il cricket italiano, come Presidente della relativa Associazione, poi divenuta Federazione ed attualmente associata al CONI. È giocatore di Prima Categoria di bridge e coautore dell’Almanacco del Bridge Italiano. Ha gestito una galleria d’ arte e attualmente svolge l’attività di esperto di Arte Moderna e Contemporanea.

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