Quando il Social media manager del Crotone risponde al tifoso che in un italiano quasi incomprensibile critica Nicola, vince uno scudetto. Ma non vince lo scudetto perché sottolinea una deficienza, o meglio ancora una difficoltà nello scrivere in corretto italiano da parte dell’utente, ma vince perché ci fa ricordare il calcio che piace a tutti, il calcio di cui tutti parlano con ardore ma poi nessuno vuole rivivere. Mi spiego: il calcio da quando è diventato fenomeno di massa fino agli anni ’90 è stato lo sport delle classi popolari, quindi delle persone che non sapevano parlare e scrivere in perfetto italiano. E quel calcio viveva nei luoghi di aggregazione più semplici, bar, bus, oratori, scuole, fabbriche. Lì si poteva discorrere di calcio come si voleva con la persona vicina. Oggi il calcio è ancora uno sport popolare, che piace alle persone che non sanno parlare e scrivere perfettamente in italiano. Ma a differenza di prima tutti vogliono esprimere la propria opinione non alle persone vicine ma direttamente a coloro che sono coinvolti, come alla società Crotone nel caso specifico, perdendo da una parte il gusto della distanza che crea magia e dall’altra il gusto dello scambio fisico che crea comunanza e condivisione. Oggi i webeti vogliono per forza avere la cosiddetta voce in capitolo direttamente con chi gioca, lavora, pensa, crea e realizza, senza il filtro più interessante, che è quello della conoscenza e della competenza prima dell’opinione. Così andrà a finire che anche una voce interessante non sarà ascoltata.

Jvan Sica
