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Nino e Carlos

“In Italia avete avuto grandi pugili. Il più bravo è stato Nino Benvenuti, ma nonostante tutto io mantengo una grande stima nei confronti di Damiani, grande atleta, ma soprattutto grande persona.” (Donald “Don” King)


“Il problema è stato quando sono salito sul ring per affrontarlo la prima volta”.
Cioè?
“Quando l’ho visto”.
E quando l’ha visto?
“Mi sono impressionato”.


Palasport di Roma, 7 novembre 1970, campionato del mondo Wbc e Wba dei pesi medi. Nino Benvenuti era il campione, l’argentino Carlos Monzon lo sfidante.


E poi che cosa accadde?
“Fu un match devastante. Lui era fortissimo, freddo, essenziale; io non in condizione di poter opporre il mio pugilato al suo”.

Finì con un k.o. tecnico al dodicesimo round, e tutti a chiedersi: ma da dove arriva questo marziano? Possibile che il manager di Nino, Bruno Amaduzzi, volato fino in Argentina per valutare da vicino il prossimo rivale, non si fosse accorto della sua pericolosità? Nel ’70 la tv era avara di immagini e i giornali, almeno nello sport, un filo provinciali: lo snobbatissimo Carlos Monzon era pur sempre il campione del Sudamerica. Infatti. Quando rientrò in patria, a Buenos Aires, con le due cinture mondiali sollevate al cielo, il campione fu accolto da una folla di 200 mila persone ammassate sul percorso dall’aeroporto di Ezeiza fino all’uscio di casa.
Sei mesi dopo, l’8 maggio 1971, nella rivincita a Montecarlo, un asciugamano bianco gettato in mezzo al ring da Amaduzzi decreta la fine della carriera di Benvenuti. Il sogno del riscatto si spegne al terzo round: Monzon l’uomo di ferro si conferma il più forte peso medio del mondo, uno dei migliori nella storia del pugilato.

Nino, Carlos era davvero il più bravo di tutti?
“In quel momento sì, lo era. Più di me senz’altro, visto che mi ha battuto due volte, ma anche più forte di tutti gli altri. Non è un caso che poi, da campione del mondo, abbia tenuto il titolo per sette anni, superando grandi pugili come Griffith, Napoles, Valdes”.
Dicevano che lei l’avesse sottovalutato.
“A qualcuno piace dirlo. In realtà, lui si dimostrò più forte e più solido del previsto”.
Rivincita senza storia.
“Quando Amaduzzi gettò la spugna, mi infuriai. Mi sentivo ancora in corpo energie sufficienti per continuare, ci mancherebbe, e quel gesto di resa mi pareva un insulto nei miei confronti. Poi, ripensandoci, le mie certezze si sono pian piano sgretolate. Amaduzzi fece bene a fermare il match”.
Che cosa aveva in più Monzon rispetto agli avversari?
“Un fisico eccezionale e una cattiveria fuori del comune. Alto per essere un peso medio, con braccia lunghissime, non aveva un grande senso tattico ma spazzava via tutto quanto gli si parasse davanti. E poi quello sguardo…”.
La durezza fatta persona.
“Sembrava scolpito nel marmo. E scolpita sul viso c’e- ra un’espressione feroce che nemmeno giù dal ring cambiava. I pugili non devono avere paura di nulla, semmai rispetto per i rivali, però io uno con la faccia così cattiva non lo avevo mai incontrato”.
Spavaldo.
“Di più. Ti fissava negli occhi e pareva dire: io sono io, voialtri siete meno di zero”.
Antipatico.
“Diciamo che era freddo, grezzo, un vero indio. Fu diverso con Emile Griffith: io e lui eravamo uguali, fra noi c’erano stima e sentimento. Carlos invece teneva dentro ogni pensiero, non era quel che si dice un tipo espansivo”.
Lei andò a trovarlo in carcere, dopo la condanna per l’uccisione della moglie.
“Sono diventato suo amico dopo i due match. Mi sembrava doveroso portargli una parola di conforto. Ma quando arrivo in carcere, dopo così tante ore di viag- gio, mi aspetto un abbraccio o una pacca sulle spalle e lui che fa? Mi guarda fisso, sussurra un ciao e poi abbassa la testa”.
Secondo lei, s’è mai pentito di aver ucciso la moglie?
“Non era uomo da pentimento. Ma sono sicuro che in carcere abbia avuto il tempo di riflettere sulla vita che aveva avuto e su quella che avrebbe potuto avere, con un pizzico di raziocinio in più. Ma Carlos era un istintivo in tutto. Era la sua forza”.
Le richiedo: è stato il più grande peso medio di sempre?
“È stato il più grande di quell’epoca, la nostra epoca. Ma contro il miglior Sugar Ray Robinson avrebbe perso.

Nino Benvenuti è nato a Isola d’Istria il 26 aprile 1938. Medaglia d’oro olimpica nei pesi welter ai Giochi di Roma nel 1960, è stato campione italiano dei medi dal1963 al 1965, campione europeo dei medi dal 1965 al 1967, campione mondiale dei medi junior dal 1965 al 1966, campione mondiale dei medi nel 1967 e dal 1968 al 1970. Ha affrontato Carlos Monzon due volte, nel 1970 e nel 1971, venendo sempre sconfitto. Ha disputato 90 match, con 82 vittorie (35 k.o.), 7 sconfitte e un pareggio. Round combattuti 707.

tratto da “CRONACHE DA BORDO RING”
di Claudio Colombo

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