Se per caso lo spirito del grande Garrincha vive ancora nello stadio di Brasilia a lui intitolato, avrà pianto di delusione ieri per la nuova sconfitta della Seleçao. Manè, come lo chiamavano amici e tifosi, era l’ideale rappresentante del Brasile come in tutto il mondo ci si immagina che sia: ingenuo, entusiasta, fantasioso, imprevedibile, fragile ma capace di reagire alle avversità. Una poliomielite subìta da bambino gli aveva lasciato una gamba più corta e lui sfruttava il proprio handicap per ingannare gli avversari con una finta in più. Sul campo era irresistibile, fuori non resisteva all’alcool e alle belle donne. Non ho mai dimenticato la serata che trascorsi, giovane giornalista, con lui e il suo clan in un albergo al centro di Milano. Rimasi incantato dal fascino della sua compagna Elza Soares, una cantante famosa. Sognava una casa aperta a tutti, in particolare artisti, poeti e musicisti, con i quali avrebbe desiderato parlare per ore appunto di arte, poesia e musica. E di amore, naturalmente.
“Questo – pensai – è il Brasile”. Be’, non sarà così, ma la Nazionale di Scolari ieri ha fatto la sua parte. Era inferiore all’Olanda, lo si era capito da tempo, ma non ha avuto fortuna: primo gol al passivo per un fallo fuori area trasformato in calcio di rigore, 0-2 un quarto d’ora dopo per un assist di Robben (bravissimo) scattato in sia pur minimo fuorigioco, ammonito per simulazione Oscar atterrato in area. Però ha continuato a giocare, offrendo al grande pubblico dei Mondiali una partita piacevole. L’Olanda ha poi vinto 3-0 con il tiro di destro di un mancino al 1’ di recupero e forse era da finale: ha un bel gruppo di giovani (mentre il Brasile, a parte Neymar e Oscar, è tutto da rifare), anche se non le sarà facile trovare un altro Robben.
Gino Franchetti
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