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i Mondiali di Gino #21

Bene o male che vada il suo calcio, a quanto pare il Brasile, che potenzialmente è uno dei Paesi più ricchi del mondo, sta uscendo dalla sua fanciullezza. Può darsi che il pallone sia ancora il primo pensiero della maggioranza della popolazione, ma questa volta, pur avendo il Mondiale in casa, ne sente il peso più che la gloria e si preoccupa della giustizia sociale e della sorte di chi è stato cacciato dalle favelas per fare spazio agli edifici dell’organizzazione calcistica da esibire in Mondovisione. Così vanno le cose, tutto si capovolge. E in Uruguay c’è persino un presidente della repubblica che indice festeggiamenti per il cannibale Suarez, squalificato non a torto per aver voluto assaggiare la carne coriacea del nostro Chiellini. Sia chiaro che non ce l’ho con l’Uruguay, anche se è uno dei due Paesi del mondo (l’altro è la Polonia) in cui al cambio non ufficiale mi hanno rifilato fogli di carta di giornale al posto delle banconote: Juan Alberto Schiaffino è stato uno dei miei idoli sin da quando ero bambino e un famoso calciatore uruguagio è stato in seguito il mio lontano parente Pedro Rocha Franchetti. Però c’è un limite anche al nazionalismo becero. Intanto continua da noi la polemica inutile su Balotelli eroe o reprobo e molti sembrano aver dimenticato che il bizzoso superMario era l’unico attaccante che avrebbe potuto elevarci al di sopra della nostra mediocrità. Se questa volta non ce l’ha fatta lo mandiamo alla ghigliottina?

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Gino Franchetti

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