Qui Nizza, Costa Azzurra, porto franco del pallone, almeno sino a questo momento. Non si vedono bandiere appese ai balconi, tutto è tranquillo nelle strade, non come nei giorni per noi favolosi dei Mondiali 2006, quando loro erano sicuri di vincere e invece alla fine sventolavano davanti alle nostre finestre irridenti bandiere uruguaiane e persino mia moglie accantonò l’abituale compostezza per affacciarsi a fare il gesto dell’ombrello. Gli avversari della Francia sono troppo inferiori (almeno fino al confronto con i sempre snobbati svizzeri) per la grandeur transalpina perché si possa creare un clima di entusiasmo calcistico. E poi la crisi anche qui abbatte il morale e la valanga di voti alla destra razzista di madame Le Pen non favorisce un vero amore per una Nazionale in cui abbondano giocatori di origine tedesca, polacca o africana.
Sono passati da secoli i tempi del guascone D’Artagnan, rimasto senza eredi dopo il forzato ritiro di Ribery. Eppure la Francia ha cominciato vincendo senza troppa fatica, mentre la vicina Spagna ha salutato la sua corona mondiale dopo due sole partite, proprio mentre Felipe VI si apprestava a succedere sul trono al padre Juan Carlos: senza onore e senza tener fede alla tradizione che meritò ai suoi giocatori l’appellativo di Furie Rosse. Un po’ della furia antica i rossi di Spagna l’hanno messa in campo per una ventina di minuti nel secondo tempo, quando ormai l’onesto Cile aveva la vittoria in tasca. In un Mondiale così equilibrato la cosa più pericolosa è credersi vincitori prima di giocare, magari anche contro la Costa Rica. Capito, Azzurri?
Gino Franchetti
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