Quando scrivevo “Arrigo” ho parlato con alcuni ex calciatori del Milan. Uno di loro, parlando della preparazione estiva, mi disse che tra di loro la chiamavano “la lunga notte”.
La chiamavano così perché Sacchi li portava con sé in una sorta di incubo atletico-psicologico e quando c’eri dentro non intravedevi spiragli di luce. La fatica era stravolgente, Pincolini li caricava al massimo e quasi tutti vomitavano più volte al giorno. E poi c’erano gli “incontri didattici” che quasi tutti raccontano con un’angoscia ancora più allarmata degli sforzi fisici.
Sacchi in quei giorni d’estate era un tifone irrefrenabile, non voleva costruire calciatori, voleva creare coscienze, stimolare adepti. Alcuni venivano svegliati di notte per ripassare movimenti e schemi.
Questa fase mi ha affascinato moltissimo e nel libro si comprende come la parte didattica è il cuore pulsante di un’idea da trasferire.
Non voglio fare l’antico ma oggi questa furia nell’idea non la vedo in nessuno (neanche in Guardiola) e le preparazioni sono diventate ormai una sorta di Cantagiro del pallone. Poi non ci lamentiamo se nessuno ci fa più meravigliare.

Jvan Sica
