Guardiola odia il tiki taka. Questa è l’indiscrezione notiziabile per lanciare il libro su Pep di Martì Perarnau. Al di là della scia editoriale che vuole creare la notizia, fermiamoci al fatto: si può odiare la propria idea? Si può pensare che il tempo, le competenze tattiche, le evoluzioni tecniche mettono in disuso un’impostazione generale del gioco del calcio?
Se è vero che Guardiola odia il tiki taka lo fa per un solo semplice motivo: non diventarne martire come è successo a Sacchi.
L’idea di gioco sacchiana, come quella guardoliana, non rientra nel contingente, non ha tempo. I princìpi di base reggono non perché sono contemporanei, ma perché con il temporaneo non hanno niente a che fare.
Sacchi lo sapeva e lo sa benissimo che la sua idea di calcio non è una ricetta da mettere in pratica, ma un’idea generale dello sport che richiama all’ordine alcune forze umane: coraggio, fiducia, anche superbia.
Il gioco di Guardiola ha alle spalle princìpi differenti ma della stessa portata generale.
Anche Guardiola lo sa che il suo gioco non muore con il suo pensiero. Ma a differenza di Sacchi cerca di scrollarselo da dosso, di non pensarci.
Per non addolorarsi ogni giorno di quello che dovrebbe essere e non è.
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Jvan Sica
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