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IlMister #5 Sacchi, Capello, Ancelotti (Alfredo Sebastiani)

Sono tre giganti che hanno lasciato il segno seguendo un percorso lungo e travagliato. Erano ancora tempi in cui, per essere preso in considerazione come allenatore, dovevi avere i capelli quasi bianchi e tanta gavetta alle spalle. Oggi i campioni attaccano gli scarpini al chiodo e il giorno dopo allenano in serie A, tante volte sono più in forma degli stessi giocatori.

Sacchi, Capello e Ancelotti li ho ascoltati in conferenze dal vivo.

Arrigo Sacchi, parecchio teso, era uno sempre in partita. Parlava pesando le parole e con un sorriso beffardo di fondo, ti faceva capire che dietro ogni parola c’era tanto lavoro. Partito dal basso si è fatto largo con il suo gioco innovativo. Non dimentichiamoci che prima di lui in Italia giocavamo quasi sempre cercando il recupero della sfera al limite della nostra area di rigore per poi ripartire in contropiede. Si devono a lui i concetti di squadra corta, difesa alta con una sola linea di copertura, ripartenza, pressing alto, raddoppi in ogni zona del campo. È stata la sua, una vera e propria rivoluzione, ispirata come lui stesso racconta dalla prima volta che vide l’Olanda di Rinus Michels giocare: “Correvano così tanto e così in tanti che sembrava uscissero dal televisore!” – disse. Ne rimase folgorato. Se una critica posso muovergliela, dico che troppo spesso costringeva gli esterni alti a ripiegare fin sulla linea difensiva, perché scivolando molto lateralmente con la linea difensiva, necessitava sempre del quinto uomo per coprire l’ampiezza del campo. Oggi lo celebriamo e sappiamo che i danni li hanno fatti chi ha cercato di imitarlo, non lui, ma all’epoca mi ricordo i commenti: “Questo è un pazzo e va fermato!” – mi disse un mio vecchio allenatore, ed era l’opinione di tanti.

Fabio Capello, dopo un passato da grande calciatore, ha visto le sue ambizioni da allenatore frustrate da chi lo vedeva in ruoli dirigenziali. Fu infatti avviato a quella carriera e nel Milan inizialmente ricoprì la carica di dirigente nella polisportiva della galassia Milan voluta a quel tempo dal presidente. Solo dopo vario tempo gli fu affidata la guida tecnica della squadra. Pragmatico ed essenziale, dimostrò grande sagacia tattica. Senza analizzare a fondo il suo calcio, sottolineo l’aspetto che più mi colpiva delle sue squadre: le marcature preventive. Quando la sua squadra attaccava la profondità, sia con lanci che con giocate palla a terra, gli uomini arretrati andavano a cercare il riferimento sugli appoggi per tentare l’anticipo. In tal modo non consentiva mai alle squadre avversarie di ripartire anche se spesso si rifugiava nel fallo tattico lontano dalla sua porta. Il vero capolavoro di Capello è stato andare a vincere uno scudetto con la Roma. Molto meticoloso e serio, intransigente e carismatico, ha dovuto fare i conti con Antonio Cassano valorizzato a Roma ma divenuto ingestibile al Real Madrid.

Carlo Ancelotti lo vidi parlare a Firenze in una conferenza per allenatori. Timido e impacciato mi suscitò subito simpatia quando candidamente dichiarò la sua difficoltà a parlare in pubblico. Secondo me, tra tutti gli allenatori, è quello che è stato più capace di imparare dai propri errori e questo è sintomo di grande intelligenza. Si è pentito del modo in cui ha gestito grandi campioni come Zola e Baggio e lo ha dichiarato pubblicamente, campioni sacrificati al credo tattico. Maturando ha sposato i sistemi di gioco che si dislocano in campo a triangoli, abbandonando le linee che invece hanno sempre prediletto sia Sacchi che Capello andando quindi verso un’interpretazione più moderna del calcio. È un allenatore che coniuga corsa e tecnica condendo tutto con un equilibrio tattico intelligente. Nessuno con lui corre inutilmente. Uno dei grandi meriti, acquisiti con la maturità è l’utilizzo di un trequartista dietro le due punte, e poi addirittura due nel suo “Albero di Natale”, segno evidente di un’idea di gioco manovrato e consapevole. Il suo centrocampo era composto da tre elementi di estrema qualità ed il quarto era Gattuso che sopperiva correndo per due.

Oggi Arrigo, si è dedicato alla carriera di nonno per stare lontano dallo stress. Fabio, dopo il divorzio milionario dalla nazionale russa, lo aspettiamo ancora su qualche incarico importante. Carlo naviga col transatlantico Bayern.

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Alfredo Sebastiani

Alfredo Sebastiani

Allenatore e scrittore. Alla guida del SudTirol ha vinto nel 2010 un campionato di Lega Pro Seconda Divisione. Nel 2014 è stato al Watford nello staff di Giuseppe Sannino. A breve Edizioni inContropiede pubblicherà un suo giallo ambientato nel mondo del ciclismo amatoriale.

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