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i Mondiali di Gino #12

Non ho informazioni in proposito, ma mi piacerebbe sapere quali fossero temperatura e livello di umidità ieri a Fortaleza. Tutto questo gran caldo di cui si parla evidentemente non c’era, visto il comportamento in campo dei messicani: nei miei ricordi di 45 anni di partite valutate dalla tribuna stampa fatico a ritrovare squadre che corressero tanto per 90 minuti. E correvano (un po’ di meno), per necessità, anche i brasiliani, che altrimenti sarebbero stati travolti. Una grande squadra il Messico non l’ha avuta mai, ma negli ultimi anni qualcosa è cambiato: nel gran rimescolamento di calciatori da una parte all’altra del mondo la tecnica individuale si è evoluta e la tattica di gioco è studiata ovunque.

franco rossi

 

 

 

 

 

 

 

Franco Rossi

I messicani, dunque, giocano meglio, hanno un portiere in stato di grazia e per di più corrono come fossero inseguiti dai cavalieri di Cortès. Attenuante minima per un brutto Brasile, che mi costringe a rivedere la mia classifica: se non si risveglia, non è meglio dell’Italia. Fortaleza intanto mi ricorda il collega e amico Franco Rossi, prematuramente scomparso. Aveva una casa lì e si offriva di ospitarmi. Teneva un ex poliziotto come custode, maggiordomo e guardia del corpo: una sera in osteria si era frapposto fra lui e un ubriaco e ne aveva avuta una mano perforata da un proiettile, così l’aveva compensato assumendolo. In Italia aveva una sua squadretta e ne parlava sempre. “E’ il mio giornalista preferito – diceva Liedholm -: invece di chiedermi della mia squadra mi parla della sua”. E la Russia? Non l’ho vista e a quanto pare sarà meglio parlarne più avanti: ha già avuto la sua Corea.

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Gino Franchetti

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