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Il fantasma di Bilardo a Trigoria

Senza dubbio, per molte ragioni diverse, Italia 90 è stato uno dei mondiali più memorabili nella storia del calcio. Forse non dal punto di vista estetico, ma per l’atmosfera creata da alcune squadre che sono diventate mitiche. Il Camerun di Roger Milla, l’Inghilterra di Gascoigne e la Germania vincitrice, sono alcuni esempi. Ma nessuna nazionale è stata più dibattuta di quella Argentina, indicata dal sito inglese Goal.com come la squadra più odiata di tutti i tempi. E Trigoria, frazione della periferia romana, fu l’epicentro di innumerevoli episodi controversi. Lì, nel Centro Sportivo Fulvio Bernardini, gli argentini hanno fatto un ritiro quasi monastico dal 9 maggio, un mese prima dell’inizio del campionato. Carlos Salvador Bilardo, allenatore della squadra dal 1983, maniaco della disciplina tattica e scaramantico come pochi, non lasciava nulla al caso. Il “Nasone” per esempio decise di portare in Italia Julio Onieva, lo chef della nazionale presente ai Mondiali vinti (’78 e ’86) ma assente a Spagna 1982. Organizzò un’amichevole contro l’Israele a Tel Aviv, come era accaduto quattro anni prima alla vigilia del Messico. Durante il Mondiale, la delegazione argentina doveva fare sempre lo stesso percorso in autobus.

L’impianto romanista fu testimone dei vari infortuni di Diego. Nella clamorosa e sorprendente sconfitta contro il Camerun, il Pibe de Oro giocò con l’alluce del piede destro protetto da un’armatura di carbonio per mitigare il dolore che gli procurava un’unghia incarnita. Il Pelusa non aveva potuto allenarsi e neanche infilare gli scarpini i giorni precedenti alla gara. Aveva pure la febbre e non si sapeva che origine avesse. Poi, prima dello straziante pareggio con la Romania, Maradona aveva sofferto di un colpo al ginocchio destro, dopo un tackle del suo compagno Néstor Fabbri. La borsa di ghiaccio lo accompagnava ovunque. Ed  infine la caviglia gonfia e infiltrata nella mitica vittoria contro il Brasile.
Fu sempre a Trigoria che Bilardo ideò la trappola della bottiglia con rohypnol per far bere i giocatori brasiliani nel torrido pomeriggio torinese. Branco, laterale sinistro, fu l’unica vittima dell’inganno sempre negato dal CT.

Tutta la stampa internazionale criticava con veemenza le brutte prestazioni dei sudamericani. Miracolosamente l’Argentina continuò però ad andare avanti, eliminando la Jugoslavia di Stojković e Savićević e, a Napoli, affrontò la strafavorita Italia in semifinale. Prima della partita, Bilardo ordinò a Maradona e Caniggia di  fermarsi improvvisamente vicino alla linea di fondo, per parlare di mogli e figli come se nulla fosse e confondere così i marcatori Bergomi e Ferri. L’unico che si confuse  fu Zenga, che uscì male su un cross di Olarticoechea e Claudio Paul pareggiò. Grazie ai rigori, l’Argentina volò ancora una volta in finale. Senza quattro titolari (Caniggia, Olarticoechea, Giusti e Batista) sospesi per ammonizioni e tanti infortunati (Ruggeri e Burruchaga), i campioni in carica arrivarono alla finalissima di Roma contro la Germania all’ultimo respiro. Al rientro nel ritiro romanista, il clima di festa diventò una guerra. Raúl Maradona, detto “Lalo” e fratello del capitano argentino, venne alle mani con i vigilantes del centro sportivo, dopo aver fatto un giro senza patente, insieme alle figlie di Diego, a bordo della Ferrari F40 del Diez. La rissa, dalle quale un carabiniere uscì ferito, incluse pugni e calci proprio di Diego. Come se ciò non bastasse, la notte prima alla lite, il Nasone aveva strappato la bandiera argentina cercando di creare la motivazione necessaria per i suoi. Dopo la colazione, i giocatori trovarono il pennone centrale del piazzale con la bandiera strappata. Nessuno immaginava potesse essere opera di Bilardo, tutti incolparono la polizia italiana e i tifosi azzurri. Un’atmosfera di guerra creata per caricare ancora una volta i suoi calciatori. Ma l’obiettivo finale non venne raggiunto. Un rigore molto contestato concesso dall’arbitro messicano Codesal, decretò la vittoria tedesca e la fine del sogno argentino. Un posto che doveva essere calmo e sereno, diventò una trincea. Dicono che per i corridoi di Trigoria, ancora si possono vedere i fantasmi di Bilardo.

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Redazione

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