Lorenzo Fabiano, veronese doc, segue sin da bambino l’Hellas Verona. Giornalista pubblicista, collabora con la redazione sportiva de Il Corriere Veneto. Ha esordito con “Thoeni vs Stenmark – L’ultima porta” e con noi ha pubblicato nel 2015 “Il Cameriere di Wembley”.
Quanto ti piacerebbe una finale Italia-Inghilterra? Con chi ti piacerebbe vederla?
Un’eventuale finale tra italiani e inglesi sta nei miei sogni. Quattro anni fa ai quarti di Kiev vincemmo ai rigori. Due anni fa ai mondiali in Brasile, la vittoria di Manaus finì per creare più illusioni che altro. Andammo prematuramente entrambi a casa. Anche se oggi le sfide con francesi e tedeschi sono più sentite, incrociare i Bianchi Leoni di Albione presenta sempre aspetti dal grande fascino. Scontato che mi piacerebbe vederla insieme a mio nonno Aldo Vignola, il Cameriere di Wembley, un anglofilo incallito che ha ispirato il libro dedicato alla magica notte di Wembley del 14 novembre 1973, quando espugnammo per la prima volta la roccaforte del calcio britannico. Purtroppo non è possibile, perché lui non c’è più. Esprimo allora un desiderio: assistere alla partita dei miei sogni seduto a fianco di Paul Gascoigne, l’ultimo genio del calcio inglese. Il suo goal contro la Scozia a Wembley, nella partita inaugurale dell’europeo del 1996, rimane uno dei più belli di sempre. So che è difficile, ma vorrei che recuperasse serenità e salute. Vederlo nello stato in cui è precipitato mi rattrista molto. Poi magari una birretta al pub ce la facciamo. Una sola però…
Dopo aver visto le prime due partite di Italia e Inghilterra quanto trovi plausibile questa evenienza?
Una finale del genere sarebbe una grande sorpresa, ma in un europeo molto equilibrato come questo può anche starci. E’ ancora presto, ma la squadra che più mi è piaciuta finora è la Croazia. Francia e Germania, seppur non abbiano convinto a pieno, rimangono tuttavia le mie favorite.
L’Inghilterra m’intriga. Il blocco del Tottenham di Pochettino funziona. Dier dà sostanza in mezzo al campo ed è una valida diga a protezione di una difesa non imperforabile; Alli conferisce qualità in avanti; Kane ha finora deluso, ma Vardy e Sturridge sono molto più che preziose alternative. La personalità di Rooney, nel ruolo di leader a tutto campo che fu Bobby Charlton, ha conquistato i miei favori.
L’Italia è la solita mina vagante in cui tutti vorrebbero evitare d’imbattersi. Tatticamente una spanna sopra le avversarie, ha la difesa più forte del torneo. La vittoria sul presuntuoso Belgio è stata entusiasmante. Il successo sulla Svezia è stato invece per così dire più machiavellico. Rispetto a due anni fa in Brasile, Conte guida un gruppo solido che mette in campo cuore e gambe. La gente apprezza: due partite sono bastate a far salire la febbre azzurra nel paese.
Non so fino a dove, ma ho l’impressione che entrambe possano andare molto avanti.
La tua Verona non è stata sede dell’Europeo 80, ma il Mondiale 90… Che ricordi hai?
Al Bentegodi vidi due partite: Belgio-Uruguay nella prima fase, e l’ottavo di finale tra Jugoslavia e Spagna. Il mondiale italiano non fu un modello organizzativo. A fronte di spese folli, gli stadi rimasero mezzi vuoti. Nell’Uruguay militava, un mio idolo, il “Principe” Enzo Francescoli. Quella sera però la sua stella non brillò. L’Uruguay venne steso 3-1 dal Belgio e rimasi incantato dalle prodezze di Vincenzino Scifo. Andai poi a vedere gli ottavi tra Jugoslavia e Spagna. Si giocava al pomeriggio e faceva un caldo cane. Il ritmo della partita ne risentì. Finì ai supplementari. Su tutti, emerse un fuoriclasse come Dragan Stojkovic, che con una doppietta trascinò la banda di Ivica Osim ai quarti contro l’Argentina. Che giocatore! Un paio di anni dopo venne a vestire la maglia del Verona. Purtroppo si portò appresso una serie di guai fisici che gli impedirono di esprimersi ad alti livelli. Vorrei ricordare che quella fu l’ultima nazionale jugoslava a calcare i campi di una manifestazione prima del dramma della guerra fratricida nei Balcani.
Redazione
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