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Euro2016 #4 – INTERVISTA A JVAN SICA

Republic of Ireland's Wes Hoolahan celebrates after scoring the opening goal during the Euro 2016 Group E soccer match between Ireland and Sweden at the Stade de France in Saint-Denis, north of Paris, France, Monday, June 13, 2016. (AP Photo/Francois Mori)

Jvan Sica (Salerno, 1980), dopo alcuni libri di argomento sportivo (e non solo) ha pubblicato (nel 2014) con noi un romanzo particolare e apprezzato come “ARRIGO. La Storia, l’idea, il consenso, la fiamma” e scritto uno dei racconti che compongono “Gol Mondiali“.

È coautore dello spettacolo teatrale di Federico Buffa “Le Olimpiadi del ’36”.  In questi mesi è impegnato con Alberto Facchinetti e Enzo Palladini nel nostro progetto Football City Guides

Stai seguendo Europei e Copa America. Che differenze sostanziali trovi tra le due competizioni?

Per chi come me ama le particolarità nazionali e non solo continentali è brutto vedere un calcio fin troppo globale. Chi schiera il 4-2-3-1 ha mediani di fronte alla difesa molto simili, chi gioca invece il 4-3-3 ha ali d’attacco che possono tranquillamente essere equiparate ad Insigne e Callejon del Napoli di Sarri. Tutti i tecnici del mondo vedono tutto il calcio che c’è e si finisce per giocare tutti in maniera molto simile. In questa fase vedo degli esperimenti più interessanti in Europa. Già l’Italia di Conte ad esempio è un tentativo di dire cose nuove, come anche il Belgio, che abbiamo battuto ma che può ancora emergere. La Spagna e la Croazia sono belle sempre.
In Sud America l’Argentina gioca allo stesso modo da più di cinque anni e ci vuole un Di Maria più che un Messi sano per cercare finalmente di vincere, il Brasile era molto interessante e contro il Perù ha giocato una bellissima partita, le due squadre più sfiziose sono la Colombia di Pekerman che però propone un modulo già superato in Europa ma ha uomini che sanno variare molto sul tema e il solito Messico, squadra che ha da sempre giocatori totali. Pochi calciatori come i messicani possono davvero giocare ovunque e non sfigurare, questa loro caratteristica mi fa impazzire. Se fossi un allenatore di club uno o due giocatori messicani li prenderei sempre.

Al momento quali sono i personaggi dell’Europeo che più ti hanno incuriosito?
Per come ha giocato in una squadra di aspiranti fenomeni casalinghi, Payet. Un romanzo storico lo scriverei su Bale e la sua passione coinvolgente, uno di formazione su Hoolahan.

La novità più grande di Euro2016?
La novità più interessante è un’Inghilterra moderna, piena di giovani capaci di un gioco di grande iniziativa. A me hanno impressionato i terzini, Alli e Dier. Quelli del Tottenham di Pochettino daranno tanto al calcio inglese. Noi italiani abbiamo vinto di tattica pura e, dopo più di un secolo di calcio, siamo ancora gli unici a saperlo fare in quel modo. Quando l’Italia vince come contro il Belgio tutti dovrebbero esultare perché capisci che il calcio è così tante cose dove ci devi mettere la testa oltre che la bravura e il fisico.

Sei impegnato nel progetto di questa casa editrice – quello di raccontare le città attraverso il pallone – Football City Guides. Per parlare di capitali su cui state lavorando, hai rivisto “più Zagabria” nella partite della Croazia o “più Lisbona” in quella del Portogallo?
Entrambe, sai. A Zagabria c’è il culto della grazia e Modric-Rakitic hanno impersonato la grazia calcistica più assoluta nella partita con la Turchia. Lisbona invece è una città che a volte si bea, ma un attimo dopo si addolora. Così è successo anche al Portogallo.

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Redazione

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