Enzo Palladini, giornalista di Premium sport con un passato al Corriere dello Sport, è appena uscito con “L’anno delle Volpi”, un ebook sul Leicester che sta andando ora in stampa per la versione cartacea. Sempre con la nostra casa editrice ha pubblicato nel 2015 “Scusa se lo chiamo futebol”.
Cosa dobbiamo aspettarci dalle poche volpi del Leicester impegnato in questo Europeo?
N’Golo Kanté continua a essere il simbolo del grande Leicester anche a distanza. Umiltà, impegno e corsa: il ragazzo che arriva da lontano sta andando ancora più lontano, si è conquistato il posto da titolare contro la Romania e pur non essendo la “sua” partita (la Romania ha giocato sempre in difesa quindi non c’era molto da interdire) ha fatto ampiamente capire cosa è in grado di fare.
Roy Hodgson invece, se non altro per motivi scaramantici, avrebbe dovuto dare un po’ di fiducia a Jamie Vardy. In Inghilterra dicono che assomiglia a Totò Schillaci e solo questo particolare avrebbe meritato attenzione. Quando un attaccante è nel suo momento magico va sfruttato fino alla fine, fino a quando questa vena realizzativa è in atto.
È possibile in questa competizione un’impresa simile a quella degli uomini di Ranieri?
Impossibile con le forze in campo aspettarsi un’impresa come quella delle Volpi, anche se l’Europeo in passato ha regalato favole come quelle della Danimarca e della Grecia. I valori però sono meno livellati e la formula del torneo sembra fatta apposta per dare una seconda possibilità, almeno nella fase iniziale, alle grandi che partono con un mezzo passo falso. Una sorpresa a metà potrebbe essere l’inserimento della Croazia in una zona nobile della classifica finale. Da anni i biancorossi sono mine vaganti del calcio europeo e mondiale, ma in questo momento sembrano particolarmente attrezzati e completi in ogni reparto, ricchi di giocatori abituati a calcio di altissimo livello.
L’Italia gioca stasera.
Speranze reali se ne vedono poco. Leggendo la rosa dei convocati di Conte e confrontandola con quelle del passato, viene in mente che bisognerà limitare i danni. Il vivaio italiano è stato troppo trascurato, o meglio è stato sviluppato solo con l’innesto di molti giovani stranieri che hanno reso competitive alcune squadre Primavera ma hanno anche depauperato il patrimonio tecnico indigeno. Il passato racconta dualismi come Baggio-Del Piero o Vieri-Toni, il presente ci propone ballottaggi tra Eder e Zaza. Con tutti il rispetto per questi ultimi due, una volta si storceva il naso se scendeva in campo Delvecchio e Beppe Signori nel 1994 masticava amaro perché Arrigo Sacchi gli chiedeva di giocare più lontano dalla porta. I tempi cambiano ma per altri Paesi sono cambiati in meglio, l’Italia si trova in un periodo di transizione che può essere stoppato solamente con riforme importanti.
Da grande appassionato di calcio brasiliano, starai seguendo anche la Copa America…
Il calcio brasiliano, un po’ come quello italiano, attraversa una fase complicata. Il problema qui è l’eccessiva commercializzazione del talento precoce. Se a tredici anni un ragazzo promette benino, viene immediatamente inglobato nelle maglie di un fondo di investimento che ne acquista le prestazioni e lo vuole trasformare in una macchina per produrre denaro. Non sempre questo risultato viene ottenuto, anzi spesso l’indole “comodosa” di molti brasiliani porta a un’involuzione tecnica e agonistica. Il Brasile odierno oggi ha poco talento e quel poco non viene molto valorizzato, è incredibile che da anni non esista un vero centravanti che possa essere degno della maglia numero 9 della Seleçao. La Copa America, a differenza dell’Europeo, presenta una prima fase in cui troppe squadre sono dei modesti sparring partner e che sono state invitate solo per fare numero. Si comincia a vedere qualcosa solamente dai quarti di finale e comunque il vero Brasile sarà quello delle Olimpiadi di Rio. Intanto il caro vecchio Europeo, nonostante l’aumento del numero di squadre, continua a essere più appassionante di una Copa America che sembra fatta apposta per incoronare l’Argentina dopo la sorpresa Cile nella passata edizione e dopo l’eliminazione dell’Uruguay – con un ormai bollito maestro Tabarez (onore al suo passato) che si è fatto del male da solo – e del Brasile che è uscito con un gol di mano.
Redazione
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