Non servirebbe la consulenza di Marconi, direbbe Fabio Capello, per capire la portata del colpo della Juventus con l’arrivo di Cristiano Ronaldo. Il colpo del secolo, scrivono i giornali italiani. A Madrid, i colpi del secolo con Florentino Perez non sono mancati negli ultimi due decenni: da Figo a Zidane, da Ronaldo (il Fenomeno) a Ronaldo (Cristiano), fino a Bale, pagato cinque anni fa cento milioni.
Un’operazione condotta con notevole abilità e con un dispendio finanziario senza precedenti. Applausi, dunque, anche a chi magari in questi giorni ha investito in Borsa sul titolo bianconero. E di fatto offrendo una sponda alla società che da settimane sta lavorando al buon esito dell’operazione, che coinvolge l’intera galassia Exor, e dunque anche Fca, nata dalla fusione tra Fiat e Chrysler.
Conoscendo la storia e le abitudini del club legato da novantacinque anni alla stessa famiglia – gli Agnelli ed eredi – si tratta di una scelta che taglia corto con un passato di gestioni oculate, di rinunce ad assi dai costi troppi elevati, come furono in epoche diverse Maradona e Ronaldinho. E’ il segnale inequivocabile che il mondo Juve vuole entrare nella super elite del calcio mondiale, mettersi all’altezza e non a ridosso delle più ricche e delle più vincenti: A cominciare proprio dal Real Madrid. Se poi qualche giocatore non reggerà la pressione, tanto peggio per lui: sarà sostituito in un batter d’occhio. Si discute molto dell’età di Ronaldo, 33 anni e mezzo, dimenticando che nessuno sa curare il fisico come lui, e che comunque non sono rari gli atleti che giocano ad altissimo livello anche dopo aver superato la soglia di trent’anni.
Tuttavia, una volta ribadita la forza del colpo Ronaldo, per impatto tecnico (451 gol in tutte le competizioni nelle nove stagioni madridiste) e mediatico, è il caso di ricordare che non sempre la Juve ha ricavato le soddisfazioni sperate dai grandi affari. Erano altri tempi, le cifre non erano spaventose come quelle che riguardano, per esempio, anche Messi e Neymar, ma le delusioni non sono mancate.
Racconto alcuni fatti da me vissuti come testimone diretto, da cronista al seguito della squadra più prestigiosa del Paese. Il primo: quando nel 1986 il ciclo di Platini volgeva al termine, dopo l’Heysel e lo scudetto numero ventidue conquistato allo sprint contro la Roma dopo aver dilapidato otto punti di vantaggio, Boniperti decise di strappare Ian Rush al Liverpool. Rush era allora una stella di primissima grandezza, il presidente era sicuro che con i suoi gol avrebbe compensato l’addio del fuoriclasse francese. Rush ebbe problemi di ambientamento, troppo britannico – o meglio gallese – per adattarsi a Torino. Otto gol in campionato, il sesto posto, poi il desiderio di tornare ad Anfield. Una sola stagione, poi l’addio.
Il secondo fatto: nel 1988, quando era chiaro che la Juve andava rifondata, l’Avvocato, sentito anche il parere di Platini, puntò su Zavarov, l’asso della Dinamo Kiev e della nazionale sovietica. Il primo russo a giocare in Italia. Per portarlo alla Juve, fu scomodato addirittura Gorbaciov, l’uomo della perestrojka, il direttore generale Giuliano trattò a Parigi per un’intera settimana d’agosto, chiuso in una stanza d’albergo, con i dirigenti della Dinamo e con il ministro dello sport. Zavarov, nonostante qualche esibizione a tutta velocità, fallì la missione, la Juve restò molto lontana dalle squadre in lotta per lo scudetto, il Milan degli olandesi, l’Inter dei tedeschi e il Napoli di Maradona.
Il terzo fatto: nel 1992, con Trapattoni tornato alla Juve dopo la parentesi nerazzurri, Agnelli e Boniperti ripartirono all’assalto di Vialli, l’attaccante che non avevano preso quando giocava ancora nella Cremonese. Impostosi come leader nella Sampdoria, Vialli aveva tutti i requisiti per rendere molto più competitiva la Juve. Come non detto: pochi gol, tanta rabbia, cosicchè ad un certo punto della stagione Trap decise di provarlo addirittura come regista, a centrocampo, al servizio di due fantasisti come Baggio e Muller. L’esperimento fallì, Vialli trascorse le prime due annate in costante difficoltà. Soltanto con l’avvento di Lippi, si ebbe la svolta, ma l’investimento non fu giudicato pienamente riuscito.
Ora è chiaro che Rush, Zavarov e Vialli erano ottimi giocatori, mentre Ronaldo va considerato tra i primissimi di ogni tempo. Però, credo che ogni club abbia il suo modo di vivere, ed un cambiamento così netto rischia di comportare conseguenze non del tutto prevedibili, al di là dell’ovvia considerazione che tutti gli altri giocatori si sentiranno autorizzati a reclamare aumenti d’ingaggio, di fronte al contratto quadriennale offerto a Ronaldo, ovvero trenta milioni netti a stagione, più bonus e benefit di ogni genere, oltre alle commissioni pretese dall’agente, il celebre Mendes.
Enzo D'Orsi
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