È esistito un tempo in cui i giocatori si prestavano a tutto, persino a farsi prendere per i fondelli. (E non venivano pagati come oggi). Quello nella foto è Chris Waddle. Per chi non ne ha memoria: un grandissimo. Matto, però. E inglese: il che non aiuta. Ruolo: ala. Piede: mancino. Stazza: da gigante. Andatura: caracollante. Capigliatura: lasciamo perdere (sembrava uno degli Spandau Ballet ostaggio di un barbiere schizofrenico). Vizio: dribblare. Quanto? Fino allo sfinimento. Per il gusto di farlo.
Quando partiva in contropiede sembrava un gabbiano che dal bagnasciuga si alza in volo, verso il mare che ha davanti. Waddle ha cavalcato gli ’80 e i ’90 con un’anarchia che oggi è difficilmente riscontrabile nei suoi colleghi. Qui lo vediamo nel suo periodo migliore: primi anni ’90, vestiva la maglia del Marsiglia. Arrivava dal Tottenham, poi andò allo Sheffield. In Francia vinse tre campionati in tre anni, perse una finale di Coppa dei Campioni ai rigori, contro la Stella Rossa, molto incantò.
Nella foto il buon Waddle ha lo sguardo annacquato, l’occhio brillo, la dentatura improbabile, il capello corto davanti e ricciolino sulle spalle. Indossa la Francia, nel senso che è un’accozzaglia di luoghi comuni. Il basco, il bicchiere di vino, le baguette, la maglietta a striscette orizzontali. Forse sta posando per qualche sponsor. O forse ha perso una scommessa e l’hanno conciato così, come un cretino. Ci si aspetta che da un momento all’altro intoni la Marsigliese. Non è affatto detto che non l’abbia fatto.

Furio Zara
