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Dieci motivi per NON aprire una casa editrice

L’autore del decalogo è Luca A. Volpino, responsabile editoriale della Wild Boar Edizioni (www.wildboar.it), che si occupa anche di giochi di ruolo, ponendoli in stretta relazione con la letteratura di genere. Il decalogo di Luca, dieci motivi per non aprire una casa editrice, l’abbiamo letto mentre stavamo organizzando Edizioni inCONTROPIEDE e ci è piaciuto parecchio. Nonostante il 10-0 andiamo avanti…

DIECI MOTIVI PER NON APRIRE UNA CASA EDITRICE

1. Tanto non ci guadagnerete. Inutile guardare con occhioni luccicanti quei due o tre che, negli ultimi 10 anni, sono passati da “piccoli editori” a “grandi editori” grazie a una botta di culo, a un autore azzeccato o magari alla loro bravura. Fateci caso: appena hanno potuto, TUTTI hanno venduto la loro casa a un grosso gruppo editoriale.
2. Gli autori italiani sono dei rompicoglioni. A parte qualche serio professionista (che, tanto, è già pubblicato da una qualche grossa casa…) avrete a che fare con ragazzine brufolose che cercano di piazzare la loro tri-penta-decalogia fantasy con gli splendidi (barrare la casella): Elfi [] Vampiri [] Personaggi della loro serie manga preferita []. E peggio ancora, spesso queste ragazzine brufolose sono maschi.
3. Dichiarare di essere editore equivale a chiedere di essere molestati intellettualmente, come dichiarare di essere superdotato in un raduno di ninfomani. Grossomodo 5 italiani su 6 scrivono, hanno scritto o hanno un amico che scrive – “ma bravo eh!”. E ti chiedono di pubblicare. E se non lo fai vedi (5).
4. Dovrete fare un altro lavoro, un lavoro “vero”, per mantenervi. Solo che fare l’editore occupa un casino di tempo, proprio tanto. Se riuscite a stare tre giorni senza dormire, ok. Altrimenti lasciate perdere.
5. Sarete editori. Ovvero quelli che appartengono al Malvagio Sistema che Pubblica Solo gli Amici (e, al limite, gli Amici degli Amici). Ci sarà gente disposta a criticarvi perché “a pag. 3.423 dell’edizione italiana del libro avete spostato la virgola in una frase. Ci sarà gente che, non trovando altro, vi chiederà come mai le immagini del vostro libro illustrato sono ridotte dello 0,003% rispetto a quello americano, affermando che questo “impedisce di godere appieno il libro”.
6. Vi verrà un fegato così a vedere le cosiddette “associazioni culturali con diritto d’edizione” che pubblicano libri, come voi, ma che non pagano nemmeno la metà dei balzelli che pagate voi. Certo, loro non hanno “scopo di lucro”, voi sì – ma fidatevi, rimarrà uno scopo irraggiungibile comunque.
7. Vi farete tanti, tanti, taaaanti nemici – soprattutto tra la gente che avrete aiutato. Magari, mossi da sincera convinzione che “più siamo meglio stiamo”, aiuterete qualcuno ad aprire una nuova casa editrice, gli presenterete tipografi e scrittori. Poi vi troverete coloro che avete aiutato saltarvi alla gola sui forum, perché voi siete “editori vecchio stile” mentre loro rappresentano il nuovo che avanza…
8. Non riuscirete a smettere. “Ancora un libro, poi si chiude.” Oppure: “Se quest’anno non vendiamo almeno tot, basta.”. Ok. Ci credete davvero che chiuderete? Leggetevi La Coscienza di Zeno…
9. Andrete in rovina. A meno che il vostro lavoro “normale” non produca redditi pari al bilancio del Dubai, userete tutti i vostri soldi per “tappare” i buchi della casa editrice. E, se l’avete aperta con degli amici, presto avrete amici in meno.
10. Ogni anno, a gennaio, vi verrà una botta di depressione perché “Lo avevo detto io, l’anno scorso, che bisognava chiudere, ma i miei soci me lo hanno impedito…” Salvo poi ricordarvi che non avete soci.

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La casa editrice guarda al passato, ripescando dal baule dei ricordi storie dimenticate.
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